IL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

di Fréderic Manns, OFM*

Venit in hunc loculum, qui condidit antea saeclum.
Eius adis tumulum, cito fac, ut sis mihi templum
(Venne in questo Sepolcro chi dall’eternità creò il mondo.
Avvicinati a questa Tomba, fai presto, affinché tu diventi il mio tempio)”

Theodoricus, De locis sanctis, cap. VI

 

La libertà di culto concessa nel 313 d.C. ai cristiani con l’editto degli imperatori Costantino e Licinio dette origine ad un movimento di pellegrinaggi verso la Terra Santa. L’esempio propulsivo fu offerto dal viaggio da parte di Eutropia, suocera di Costantino e dell’imperatrice Elena, la madre di Costantino, descrittoci da Eusebio, vescovo di Cesarea. Cominciava così una tradizione che continua fino ad oggi di cui i cavalieri del Santo Sepolcro sono gli eredi.  Si sa che l’imperatore Adriano nel 135 dopo la distruzione di Gerusalemme aveva fatto edificare Aelia Capitolina e sul posto del Sepolcro di Gesù aveva fatto costruire un tempio dedicato a Venere. Profanando il luogo, permise agli architetti di Costantino di ritrovare facilmente il posto antico.

La Terra Santa possiede un documento eccezionale, parzialmente conservato su un pavimento musivo del sesto secolo nella Chiesa di Madaba in Giordania. Gerusalemme viene posta in particolare rilievo e al centro della città santa il Santo Sepolcro risplende.

Tra le fonti letterarie bisogna ricordare l’itinerario del Pellegrino di Bordeaux (333) che descrive i monumenti costantiniani a partire della basilica del Santo Sepolcro. Costantino aveva fatto edificare la grande basilica a cinque navate, mentre l’Anastasis intorno alla tomba sarebbe stata inaugurata solo nel 335. Il pellegrino infatti descrive solo la grotta.

L’itinerario di Egeria (383) scritto da parte di una cristiana aristocratica che ebbe la fortuna di soggiornare tre anni a Gerusalemme nel quarto secolo descrive la liturgia del Santo Sepolcro.

Il pellegrino Antonino di Piacenza (570) che visitò i luoghi santi nel sesto secolo descrive non solo i luoghi visitati con molti dettagli curiosi, ma anche le numerose comunità cristiane incontrate.

La lista dei pellegrini che hanno lasciato una descrizione del Santo Sepolcro è troppo lunga per essere riportata qui. Si trova nell’ Enchiridion locorum sanctorum di D. Baldi.

 

La storia movimentata di Gerusalemme ha lasciato molte tracce sulla Basilica del Santo Sepolcro. Nel 614, la città fu saccheggiata dopo un assedio di tre settimane dai persiani sassanidi. In questa occasione, l’Anastasis e il Martyrium subirono gravi danni e il generale Schahr-Barâz prese la Croce nel suo bottino. Nel 628 l’imperatore Eraclio riportò la Croce a Gerusalemme con grande pompa. Per Eraclio, era un’opportunità per magnificare il suo status di difensore della cristianità e per celebrare il suo successo contro i persiani.

Nel tardo aprile 637, Gerusalemme si arrese ufficialmente al califfo Omar. La città fu sotto il dominio musulmano dal VII secolo fino alla conquista crociata. I musulmani riservavano al culto cristiano la Basilica della Resurrezione, riscuotendo un lucroso biglietto d’ingresso da ogni pellegrino.

All’inizio dell’XI secolo, nel 1009, il Santo Sepolcro fu distrutto dal califfo fatimide Al-Hakim. Dal 1027, le relazioni tra l’Impero bizantino e i Califfi migliorarono, consentendo un accordo tra l’imperatore Michele IV e il Califfo Al-Mustansir Billah sul restauro dei luoghi santi. Grazie alle donazioni dell’imperatore bizantino la chiesa fu ricostruita. L’opera fu completata nel 1048 sotto Costantino IX Monomaco. Cinquant’anni dopo, la prima crociata fu predicata in Europa dal 1095.

Lasciamo la parola ad un pellegrino famoso del XIX secolo. Chateaubriand nella sua opera Itinéraire de Paris à Jérusalem, pubblicata nel 1811, evocava in questi termini un momento cruciale della storia del Santo Sepolcro: “Il califfo Omar si impadronì di Gerusalemme, ma lasciò i cristiani liberi di esercitare la loro adorazione. Intorno all’anno 1009, Hequem o Hakim, che regnò in Egitto, portò la desolazione alla tomba di Gesù Cristo. Alcuni vogliono che la madre di questo principe, che era cristiana, fece rialzare le mura della chiesa caduta… I crociati che conquistarono Gerusalemme il 15 luglio 1099 strapparono la tomba di Gesù Cristo dalle mani degli infedeli. Per ottantotto anni il Sepolcro rimase sotto l’autorità dei successori di Godefroy de Bouillon. Quando Gerusalemme ricadde sotto il giogo musulmano, i siriani riacquistarono la chiesa del Santo Sepolcro a peso d’oro, e i monaci vennero a difendere con le loro preghiere luoghi inutilmente affidati alle armi dei re: è così che, attraverso mille rivoluzioni, la fede dei primi cristiani è riuscita a conservare per noi un tempio che il nostro secolo doveva poi veder morire”.

É l’episodio della distruzione del santuario sotto Al Hakim e della conquista dei crociati che viene evocato in questo testo. In seguito alla ricostruzione dell’XI secolo, l’edicola che ospita la tomba di Cristo fu rimaneggiata, in particolare dai francescani Bonifacio da Ragusa nel 1555 poi Eleazar Horn nel 1728, ma mantenne sostanzialmente lo stesso aspetto. Diversi terremoti e incendi avevano rovinato l’edificio sacro. La struttura attuale riprende quella dei crociati.

Ultimamente, grazie a diversi restauri, il santuario voluto da Costantino sta ritrovando un po’ del suo splendore passato. Una nuova pagina della storia viene scritta. 

Il pellegrino che visitava il Santo Sepolcro negli anni settanta del secolo scorso vedeva una struttura metallica che sosteneva come una stampella un vecchio edificio al centro della basilica. Oggi, dopo i lavori del 2016, la tomba di Gesù ha ritrovato la sua dignità.

 

Per capire la complessità della situazione, bisogna ricordare l’esistenza dello status quo dei luoghi santi. É un firmano emanato dai sultani della sublime porta di Costantinopoli che regola i diritti di proprietà e di accesso delle comunità cristiane all’interno di tre santuari di Terra Santa: Santo Sepolcro, Tomba di Maria e Basilica della Natività a Betlemme.  L’8 febbraio 1852 il Sultano Abdülmecid I emise un firmano, in cui si stabiliva che lo status quo del 1767 doveva essere mantenuto. Il decreto, che disciplinava spazi, orari e tempi delle funzioni, spostamenti e percorsi, fu ulteriormente confermato dopo la caduta dell’impero ottomano dal congresso di Berlino (1878), dalle decisioni del mandato britannico della Palestina, nonché, in seguito, nel 1993, da un trattato tra Santa Sede e Israele. Tuttora ogni cambiamento in particolare al Santo Sepolcro deve essere preso di comune accordo tra tutte le comunità cristiane presenti (Ortodossi greci, Armeni, Custodia di Terra Santa).

Bisogna ricordare alcuni lavori recenti. Nel 1991 e 1992 l’archeologo greco T. Mitropoulos si occupò dell’esumazione della parte superiore della roccia del Golgota. Sotto le lastre di marmo egli trovò uno strato di malta di calcio dello spessore di 50 cm rimasto intatto da molto tempo. La malta fu asportata con cautela. Si scoprì nel mezzo una cavità rotonda ove si trovava un anello di pietra di 11 cm di diametro che poteva servire per fissare la croce. Si vede attualmente sotto una copertura di vetro la roccia del calvario con diverse spaccature. La roccia è visibile tutt’attorno all’altare greco-ortodosso, sotto il quale un disco d’argento, con una apertura al centro, permette ai pellegrini di toccare la roccia sottostante, dove era infissa la croce di Gesù.

Nel 2000, l’anno del grande Giubileo della Redenzione, il restauro della cupola sull’Anastasis diffuse una timida speranza ecumenica a Gerusalemme divisa tra le diverse confessioni. Era un primo segno di una primavera possibile.

 

Nel 2016 le tre comunità presenti nella basilica decisero di intraprendere i lavori per dare una nuova solidità alla struttura della tomba che da tempo non conosceva interventi.

I lavori di restauro furono affidati alla Grecia e ad un team tecnico dell’Università di Atene. Il cantiere ha vissuto un momento storico nel mese di ottobre quando la lastra di marmo che copriva la tomba fu spostata per tre giorni. L’ultima volta che accadde fu nel 1810, durante un restauro a seguito di un incendio. Nel corso dell’intervento sono state fatte alcune scoperte importanti: una lastra di pietra in marmo copriva il sepolcro vero e proprio. Il team di ricercatori la datava al periodo crociato perché una croce patriarcale vi era scolpita. Sotto questa, ne fu scoperta una più vecchia in marmo grigio risalente al periodo di Costantino.

La struttura fu completamente smantellata, pulita e restaurata, comprese le colonne e la cupola sopra.

Padre E. Alliata, che ha seguito i lavori per conto della Custodia di Terra Santa, scrive nella rivista La Terra santa del  novembre 2016: “Durante le fasi preparatorie ed esecutive dei lavori sono state condotte indagini con sonde endoscopiche, con scanner ad ultrasuoni, raggi infrarossi e raggi X, metodi non invasivi, per ottenere informazioni su elementi non esteriormente visibili, come la presenza di murature anteriori, la consistenza dell’originario nucleo roccioso, e lo scorrimento di canali nascosti che sono all’origine di sgradite risalite di umidità. Alcune di tali informazioni, in seguito, sono state oggetto a diretta verifica”. Conclude l’archeologo: “Le due pareti laterali del Sepolcro conservano ancora in parte la roccia originaria. Nella parete meridionale la roccia inclusa arriva a un metro e ottanta centimetri dal pavimento moderno. Sul lato settentrionale la roccia è presente fin quasi all’altezza del banco, come si è potuto appurare quando fu spinta di lato la lastra marmorea superiore alla presenza dei capi delle tre comunità e di numerosi altri testimoni. Nella medesima occasione si è registrata anche la presenza di una seconda lastra di marmo sottostante che, pur danneggiata, mostrava ancora al centro, incisa, la forma tipica della croce del patriarcato gerosolimitano”.

Dopo il restauro dell’edicola risultano ancora esistenti le due pareti laterali della roccia che fiancheggiano il letto funebre di Gesù racchiuse nei marmi interni ed esterni dell’edicola. Costantino non aveva rimosso l’intera roccia che racchiudeva la tomba di Cristo, ma solo la parte superiore, lasciando intatte le due pareti laterali. La panchina scavata nella roccia è direttamente collegata alla parete verticale scavata nella roccia retrostante. I lavori proseguirono con il fortificare le pareti originarie della camera funebre attraverso infiltrazioni di malta liquida nei tubi predisposti sulle pareti. Alcuni esperti pensarono che la malta liquida avrebbe potuto danneggiare quello che restava della tomba di Cristo. Si rese perciò necessario aprire la tomba di Gesù per inserire delle protezioni a tutela di quello che ancora resta del letto funerario. Per questo fu rimosso la lastra di marmo che copriva la tomba.

L’edicola della tomba è stata consolidata, riparata e ripulita, ma le cause della sua precarietà sono da ricercare nel sottosuolo dell’intera area dove sorge la basilica. Due secoli prima di Cristo era stata dismessa una cava di pietra malaky – la pietra rigettata dai costruttori – che per sua natura rendeva il suolo roccioso permeabile all’acqua proveniente da alcuni canali di drenaggio lasciando così umido il sottosuolo. Sarà compito di una seconda tappa risolvere i problemi legati all’umidità e alle infrastrutture che si trovano sotto il pavimento.

Un anno dopo la firma dell’accordo tra le entità responsabili della basilica che diede il via libera all’intervento, il cantiere coordinato dalla Dott.sa Moropoulou dell’Università tecnica di Atene si è ufficialmente chiuso nell’osservanza dei tempi preventivati.  Per nove mesi esperti e maestranze si sono dedicati, giorno e notte, a un minuzioso e scrupoloso lavoro di restauro. L’edicola fu completamente smontata, pulita, stabilizzata, e fu ricostruita in modo identico. Furono sostituite solo parti irrecuperabili. La scoperta più importante fu quella dell’esistenza di un basamento di roccia che faceva parte della tomba primitiva.

 

Alcuni ritenevano che Gesù fosse stato sepolto nel Giardino della Tomba, il Garden Tomb, fuori dalle vecchie mura di Gerusalemme. Ma secondo la Dott.sa Moropoulou, ciò che è stato trovato durante i restauri dimostra che la tomba di Cristo si trova senza dubbio nell’edicola del Santo Sepolcro.

Il 10 dicembre 2019 a Gerusalemme, presso la curia della Custodia di Terra Santa, fu presentato il programma della progettazione per il restauro del pavimento nella basilica del Santo Sepolcro. Due istituzioni accademiche italiane collaboreranno a l’intrapresa.

Il comitato tecnico multidisciplinare ha precisato il lavoro in quattro aree: il restauro del pavimento della basilica che è urgentissimo; la valutazione della stabilità dell’edicola del Santo Sepolcro; l’implementazione di strutture tecniche (idriche, elettriche, antincendio); e last, but not least, la ricerca archeologica. Il plastico esposto nella cripta della Chiesa protestante del Redentore, potrà essere confermato, si spera.

Un edificio venerabile in gran parte del quarto secolo, che è stato ristrutturato dai crociati nel dodicesimo secolo, ha bisogno nel XXI secolo di un check up se vuole continuare ad accogliere pellegrini e turisti.

 

Entrando nella basilica si vede la Pietra dell’Unzione, in ricordo della pietà di Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea che prepararono il corpo di Gesù per la sepoltura. Un mosaico moderno fatto a Spilimbergo illustra la deposizione dalla croce e la sepoltura di Gesù. Altri mosaici nel coro dei Greci presentano il Pantocrator e i quattro Evangelisti.

Il Santo Sepolcro ha ripreso una tradizione greca del Tempio di Delfi: viene presentato come l’ombelico del mondo. Difatti nel coro dei Greci una pietra   viene chiamata omphalos kosmou. Il giudaismo del secondo secolo prima di Cristo   aveva applicato questo simbolo alla città di Gerusalemme nel libro dei Giubilei. L’oracolo di Delfi tace, ma la voce del Risorto si è diffusa in tutta la terra chiamando tutti gli uomini a rinascere. Non basta conoscere sé stessi (Gnothi seauton), ma bisogna testimoniare in un mondo globalizzato la fede nel Risorto.

 

I Greci chiamano la Basilica Anastasis, la risurrezione. I latini invece parlano del Santo Sepolcro.  Sono i due elementi complementari del kerigma primitivo: Cristo è morto ed è risorto. Chiama tutti a uscire dalle proprie tombe che scavano ogni giorno. L’iconografia illustra questo tema: Cristo scende negli inferi, prende Adamo ed Eva per le mani per farli uscire dai loro sepolcri. La basilica ricorda più delle altre al mondo che in Cristo Dio ci perdona. 

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” scrive San Giovanni. Fin dalle origini i primi cristiani hanno considerato che la tomba del primo Adamo era da ricercare sotto il Calvario. Questa credenza è evidenziata nella cappella di Adamo ai piedi del Golgota. Entrando nella basilica, a destra, sulla parete di roccia si vede una fenditura verticale che venne a crearsi nel momento della morte di Gesù. Da questa fenditura il sangue di Gesù colò sul cranio di Adamo. Adamo è il simbolo di tutta l’umanità redenta da Gesù. Intorno alla croce di Gesù l’evangelista San Giovanni mette quattro uomini – i soldati pagani che si dividono le vesti di Gesù – e quattro donne ebree. La salvezza vale per gli uomini e le donne, per gli Ebrei e i pagani. L’universalità della salvezza è rappresentata dalla croce cosmica che indica i quattro punti cardinali e che la croce detta di Gerusalemme riprende.

 

La croce di Gerusalemme o Pentacroce che i cavalieri del Santo Sepolcro portano sul loro mantello che, all’origine, era una croce cosmica, fu utilizzata da alcuni regnanti del regno di Gerusalemme. Diventò lo stemma del sigillo della Custodia di Terra Santa e all’epoca del Quaresmi (1600) fu interpretata come simbolo delle cinque piaghe di Gesù e della sua opera redentrice. Furono i francescani a trasmettere la croce di Gerusalemme ai cavalieri perché prima della creazione del patriarcato latino era il Custode di Terra Santa a dare l’investitura ai cavalieri.

* Direttore emerito dello Studium Biblicum Franciscanum
Professore emerito di Esegesi Neotestamentaria
presso la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia dello Studium Biblicum Franciscanum