“SARA’ CHIAMATO NAZARENO”

(Matteo 2,23)

di Eugenio Alliata, OFM*

Introduzione

Una florida città, situata sul primo elevarsi delle montagne di Galilea che coronano a settentrione la terra d’Israele; una giovane ebrea, promessa sposa di un umile artigiano di davidica discendenza; un messaggero divino che annuncia il compimento di una grande attesa dell’umanità; trent’anni di silenzio, lavoro e nascondimento passati dal Figlio di Dio, prima che desse inizio alla predicazione del “vangelo” della presenza del regno di Dio tra gli uomini; mèta agognata di secolare pellegrinaggio da ogni angolo della terra. Tutto questo è Nazaret.

Gli antichissimi resti umani rinvenuti nella grotta di el-Qafzeh, un costone roccioso a sud est della città, dimostrano che l’uomo ha abitato la regione di Nazaret fin dai tempi preistorici (età paleolitica: 500.000-100.000 anni a. C.). Tombe con utensili bronzei e ceramica, risalenti alla prima parte del secondo millennio a. C., furono scoperte nell’area stessa della basilica dell’Annunciazione. Altri oggetti domestici dell’epoca dei re d’Israele (IX-VIII sec. a. C.), testimoni della frequentazione del sito in epoca antico-testamentaria, sono stati portati alla luce in diversi luoghi. Dell’epoca di Cristo si conoscono tombe e resti di abitazioni, anche se la continuità della vita sul posto ha confuso non poco le tracce della Nazaret evangelica. Nella rivolta dei Giudei contro Roma, descritta dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (66-70 d. C.), la città non ebbe alcun ruolo, sebbene la prima fase della guerra fosse condotta proprio nelle sue vicinanze. Sotto la ristabilita dominazione degli imperatori romani (II-III sec. d. C.) la famiglia ebraica Ha-Pizzez, di stirpe sacerdotale, cioè di quelle che avevano il dovere di servire nel Tempio di Gerusalemme, è ricordata come residente di questa città.

Bisogna ammettere che Nazaret non avrebbe avuto che un posto di ben scarso rilievo nella storia se non fosse stata la patria di Gesù, il Nazareno. Anche i cristiani in genere sono detti, nelle lingue locali, Nazareni (Nasâra in arabo, Nozerim in ebraico). Un antico luogo di culto cristiano fu mantenuto, secondo un’ipotesi storicamente plausibile, dai credenti in Cristo di stirpe giudaica (della setta dei Nazareni o degli Ebioniti, secondo Epifanio, IV sec.) e dai parenti stessi del Signore (Giulio Africano, III sec. – citato nella Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, IV sec.). Il luogo è chiamato dagli antichi pellegrini: la “Casa di Maria”. Seguirono le chiese bizantina (V sec.) e crociata (XII sec.) che mantennero viva la tradizione religiosa sul posto. La chiesa crociata, adornata di finissime sculture, fu ridotta in macerie dal sultano mamelucco Baybars nel 1263. In seguito la visita dei cristiani diventò molto difficile e soggetta al pagamento di tasse e balzelli.

Dal 1620 i francescani entrarono come custodi del santuario per concessione dell’emiro druso di Sidone Fakhr ed-Din, assai benevolo verso i cristiani; ma solo nel 1730 fu accordato dalle autorità musulmane il permesso di costruire sopra la Grotta dell’Annunciazione una piccola chiesa, che rimase in uso, con qualche trasformazione, fino ai nostri giorni.

Nel 1953 la Custodia francescana di Terra Santa poté dare il via alla costruzione del nuovo santuario dell’Incarnazione. Si presentò così l’occasione propizia per la conduzione di scavi archeologici regolari (1955-1966) diretti da un archeologo di crescente prestigio: il padre Bellarmino Bagatti. I risultati di questi scavi gettarono nuovi fasci di luce sulla storia umana e religiosa della patria di Gesù.

Con l’aiuto di tutti i cristiani e la cooperazione di innumerevoli artisti di diverse nazionalità è cresciuta così l’attuale basilica, opera dell’architetto italiano Giovanni Muzio. Strutturalmente innestata sui muri della basilica crociata, la nuova costruzione è concepita come uno scrigno atto a contenere e a presentare al mondo la testimonianza di secoli di amore riverente per Maria, la Madre di Gesù. Ogni pellegrino che viene a questo porto di pace abbia nel suo cuore gli stessi sentimenti e lo stesso amore.

La Basilica dell′Annunciazione

Da qualunque parte il viaggiatore entri nell’amena conca in cui Nazaret si distende, il suo primo sguardo è attratto da un monumento solo per la sua imponente mole e il suo stile architettonico singolare. È la Basilica dell’Annunciazione che si eleva, non solo sopra il nugolo delle case private che le si addensano attorno, ma anche sopra il vasto convento francescano che le si stende a fianco. La base, quadrata e massiccia, richiama da presso le mura di una fortezza ma l’elegante tamburo ottagonale sormontato dalla svelta cupola tronco-conica dal tiburio traforato richiama i pensieri e le aspirazioni al mondo del soprannaturale. Come scrive Eutichio di Alessandria (IX sec.) nella prima parte della sua opera Kitâb al-burhân o Libro della dimostrazione: “Cristo ci ha anche lasciato le sue reliquie e i luoghi che furono testimoni della sua santità su questa terra in eredità e a caparra del regno dei cieli e delle delizie della vita futura che egli ha promesso a noi. (…) In tal maniera la chiesa di Nazaret, che è in Galilea nella regione del Giordano, sta a rendere testimonianza dell’annuncio fatto a Maria dall’arcangelo Gabriele che ella avrebbe concepito Cristo”.

L’attuale basilica fu costruita per conto della Custodia di Terra Santa dalla ditta israeliana Solel Boneh, di Tel Aviv, su disegno dell’architetto italiano prof. Giovanni Muzio, di Milano, con il lavoro degli abili muratori e scalpellini cristiani e musulmani di Nazaret e dintorni e sotto la direzione dell’architetto francescano padre Benedetto Antonucci. I lavori di costruzione propriamente detti iniziarono il 30 settembre 1960, con la firma del contratto, e la basilica fu consacrata dal cardinal Gabriele Garrone il 23 marzo 1969. Con i suoi 65 metri di lunghezza per 27 di larghezza e 55 di altezza è la più grande costruzione di tal genere nel Medio Oriente. Il papa Paolo VI, pellegrino in Terra Santa, aveva visitato il cantiere dei lavori, celebrando la Messa nella S. Grotta, il 5 gennaio 1964. In memoria del passaggio del papa, la città di Nazaret ha dato il nome di “via Paolo VI” alla strada principale che corre ai piedi della collinetta su cui sorge il complesso religioso.

La decorazione della facciata principale fu affidata allo scultore italiano Angelo Biancini, di Faenza. In alto, il Cristo benedicente (bronzo, alto 3 metri) è il protagonista del mistero dell’Incarnazione che questa facciata intende celebrare. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Lettera ai Galati 4,4-5). Sotto, in profondo graffito direttamente nelle pietre della facciata, la scena dell’Annunciazione, segnalata con le parole del vangelo nel testo latino: “Angelus domini nuntiavit Mariae – L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria” e, al centro, i quattro evangelisti, con i loro simboli: l’angelo, il leone, il bue e l’aquila. Sui lati, altre espressioni latine riportano le profezie dell’evento contenute nei libri dell’Antico Testamento: “Il Signore Dio disse al serpente: … essa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Genesi 3,15) e “Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele” (Isaia  7,14).

Le quattro fasce decorative in pietra rosata che scandiscono la facciata, insieme con le iscrizioni contengono le rappresentazioni dei quattro elementi del mondo, che secondo la cosmografia antica costituivano altrettante fasce o cieli che Cristo dovette attraversare per giungere fino a noi: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra. Si notano ugualmente altri simboli cristiani antichi, come quello della “croce cosmica” rappresentata in un cerchio e, a volte, con croci o fiori o semplici punti nelle quattro partizioni create dai bracci della croce; è il simbolo della Redenzione universale in quanto esso manifesta la forza salvifica della croce che si espande alle quattro regioni del mondo. L’attuale “croce di Terra Santa” (con le sue cinque croci) non è altro che una delle varie forme di croce cosmica. Sull’architrave di porfido è scolpito il monogramma di Cristo, formato dalla sovrapposizione delle due prime lettere del suo nome in caratteri Greci: X (chi) e P (rho).

Protagonista del mistero che si commemora a Nazaret è, in secondo luogo, Maria, la donna alla quale fu rivolto l’annuncio dell’angelo e cui fu chiesto di assumere il ruolo di madre del Salvatore. Per questo la facciata meridionale, più raccolta, le è dedicata. Nella nicchia centrale, una statua bronzea (opera dello scultore italiano Franco Verroca, di Roma) la rappresenta come una semplice giovanetta, quale essa doveva realmente essere all’epoca dei fatti narrati nel vangelo.

L’antica preghiera della Salve regina, che molti gruppi di pellegrini amano cantare sul posto, riempie tutta questa facciata della sua poesia:

“Salve regina, madre di misericordia. Vita, dolcezza e speranza nostra, salve! A te ricorriamo, esuli figli di Eva; a te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù, dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”.

La Grotta dell’Annunciazione

La basilica inferiore custodisce e rende accessibile ai visitatori, per quanto è possibile, lo scenario primitivo del luogo dell’Annunciazione e i ritrovamenti archeologici, che sono la testimonianza di una lunga storia di culto cristiano. Qualcosa di ciascun edificio che ha preceduto l’attuale è stato conservato visibile. Della chiesa francescana del 1730 è rimasto l’altare della S. Grotta. Della chiesa crociata (XII sec.) sono le colonne minori in granito demarcanti i limiti della “Cappella dell’Angelo” e le altre colonne più grandi a sostegno dei pilastri della navata centrale, così come il muro di nord della chiesa, che fa da sfondo alla grotta. Alla chiesa bizantina, la cui abside si delinea chiaramente sul lato orientale (V sec.), dovettero appartenere le basi di colonna ora poste a sostegno dell’altare principale e alcuni dei mosaici. Dell’edificio prebizantino (III-IV sec.) è il muro che fronteggia la grotta, i mosaici “della corona” e “di Conone”, così come le pitture a soggetto floreale e le antiche iscrizioni (proscinèmi) visibili nella grotticella che si affianca alla parete meridionale della Grotta dell’Annunciazione. Altri resti del medesimo più antico edificio sono collocati in museo, fra i quali spiccano la base di colonna col graffito del “Ch[air]e (= Ave?) Maria” e il frammento di colonna iscritto “presso il santo luogo di M[aria]”. Studiando i risultati dello scavo archeologico nell′area della Grotta, venerata il padre Bellarmino Bagatti era in grado di segnalare alcuni elementi, generalmente di natura rocciosa, che avevano appartenuto alla originale struttura domestica (I-IV sec.), come sili per lo stoccaggio di prodotti agricoli, vasche e canaletti legati alla produzione di vino o all′usanza tipicamente ebraica dei bagni rituali, possibilmente modificati poi per adattarsi al battesimo cristiano. Il passaggio della memoria dalla casa alla chiesa trova supporto nelle fonti storiche relative al luogo, nelle quali permane ininterrotto il ricordo della “Casa di Maria” (Anonimo Pellegrino di Piacenza, VI sec.) dove in principio l’angelo Gabriele venne a lei (S. Willibaldo, VIII sec.).

Dal Vangelo

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei. (Vangelo secondo Luca 1,26-38)

La basilica superiore

È evidente la distinzione, voluta dal costruttore per la parte superiore della basilica, con il modesto aspetto della cripta. Ampie vetrate riempiono di luce la vastissima aula e una profusione di opere d’arte accompagna dovunque lo sguardo del visitatore. Il “non-finito” del cemento a vista non diminuisce sensibilmente questa impressione di magnificenza. Al grande “oculus” centrale è lasciato il compito di fornire il senso di unitarietà dell’edificio, collegando fisicamente lo spazio occupato dalle testimonianze cultuali più antiche, raccolte nella cripta, con le aeree altezze della cupola in pannelli prefabbricati. In quest’aula si svolgono non solo le grandi celebrazioni di carattere internazionale ma anche le normali funzioni della locale parrocchia cristiana di rito latino, che conta circa 5.000 fedeli. L’aula si riempie al completo soprattutto in occasione di alcune delle celebrazioni più solenni, come la processione del Cristo Morto il Venerdì Santo, che costituisce una attrazione religiosa di grande rilievo per tutta la comunità cristiana araba locale.

Gli intarsi realizzati nel tappeto marmoreo centrale, opera del pittore italiano Adriano Alessandrini, di Roma, riprendono le prerogative di Maria riconosciute dai Concili Ecumenici, a cominciare dal concilio di Efeso (431 d. C.), e dalle dichiarazioni pontificie.

Si succedono sulle pareti, in senso orario, dopo il pannello dedicato ai santuari mariani affidati ai Figli di S. Francesco, i quadri del Camerun, Ungheria, Taiwan, Venezuela, Brasile, Polonia, Stati Uniti, Portogallo, Spagna, Francia, Canada, Giappone, Messico, Australia, Libano, Inghilterra, Italia.

Le pareti di fondo del presbiterio accolgono un maestoso mosaico, opera del pittore Salvatore Fiume, di Canzo – Italia. Al centro, Cristo allarga le sue braccia verso l’umanità intera in cammino verso di lui. Al suo fianco è Pietro, che ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli. In basso a destra, nel mosaico, sono riprodotti i papi che hanno governato la Chiesa dal 1917 al 1968, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII Giovanni XXIII e Paolo VI.

La cappella di sinistra è dedicata a S. Francesco (il graffito con la scena dell’impressione delle Stimmate è del pittore italiano Glauco Baruzzi, Milano) e all’ordine Francescano al quale la Santa Sede nel 1342 affidò la custodia dei Luoghi Santi, confermando quanto erano riusciti ad ottenere dal Sultano i reali di Napoli Carlo d’Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca per mezzo di trattative diplomatiche e grande esborso di denari.

La cappella di destra, dove si conserva il SS. Sacramento, è dedicata a tutti i Santi, in particolare a quelli di Palestina. Le rappresentazioni pittoriche, opera dello spagnolo Rafael Ubeda, di Pontevedra, svolgono il tema della riconciliazione universale come sviluppo ultimo della lotta tra il bene e il male che avvolge tutta l’umanità nel suo duro cammino sulla terra. Espressione di questo sforzo di riconciliazione è la scena dello storico abbraccio del papa Paolo VI col patriarca di Costantinopoli Atenagora, avvenuto in occasione del pellegrinaggio del papa in Terra Santa nel 1964.

La realizzazione delle artistiche vetrate della basilica superiore fu affidata al pittore francese Max Ingrand, di Parigi. La scena dell’Annunciazione è rappresentata nella facciata sud e lasciata intuire anche in quella di ovest, sopra la facciata principale, all’interno di una composizione a sesto acuto che richiama i capolavori delle cattedrali gotiche medievali. Per le 33 finestre dei muri perimetrali l’artista si è ispirato al libro biblico del Cantico dei Cantici. Sebbene il tema diretto di questo libro poetico sia in primo luogo l’amore umano, la tradizione giudaica vi leggeva allegoricamente il messaggio religioso dell’amore di Dio per Israele, suo popolo, mentre la tradizione cristiana riconosce nella sposa amata la Chiesa, l’anima fedele in generale e la figura di Maria in particolare. Nelle finestre della cupola, realizzate in vetro-cemento dal pittore svizzero Yoki Aebischer, di Friburgo, sono rappresentati gli Apostoli, i genitori di Maria: Gioachino e Anna, S. Efrem Siro e S. Bernardo di Chiaravalle.

Sulle strutture portanti in cemento armato della basilica, tali da risultare sicure e resistenti tanto agli sbalzi termici quanto ai fenomeni sismici, non infrequenti nella regione, si alza la cupola centrale.

L’interno della cupola è in pannelli prefabbricati decorati da una serie continua di zig-zag che può essere anche interpretata come una ripetizione infinita della lettera iniziale del nome di Maria o dell’appellativo di Gesù, come Messia. La disposizione a raggiera dei pannelli simula l’aspetto di un enorme giglio dai bianchi petali, la cui corolla, corrispondente al diametro massimo interno della cupola, raggiunge i 21 m di ampiezza. La cupola appare simbolicamente piena di luce, derivante non solamente dall’apertura centrale della lanterna, ma più ancora dalle sedici finestre triangolari che corrispondono all’assottigliarsi dei petali in prossimità del punto di appoggio sul tamburo ottagonale. Questo cerchio di luce intensa crea un effetto speciale di leggerezza, come se la cupola non fosse appoggiata ma sospesa sopra la costruzione. Il paragone con il fiore fa sorgere un riferimento spontaneo al significato etimologico del nome della città di Nazaret, che molti fanno risalire alla radice ebraica nezer “fiore, germoglio”. La parola è usata nella profezia di Isaia (11,1-2) che preannuncia il sorgere di “un germoglio dal tronco di Iesse”, cioè del Messia uscente dalla casa di Davide. Così anche si esprime S. Girolamo, intorno al 400 d. C., scrivendo alla nobile romana Marcella: “Andremo a Nazaret e vedremo, conforme a ciò che significa il suo nome, il fiore della Galilea”.

All’esterno la cupola è rivestita di pietra sino al livello della loggia traforata a 27 metri dal suolo; la loggia e la lanterna sono di pietra, mentre la piramide è coperta in rame. Le coperture sono a doppia parete, con camera d’aria intermedia. Attraverso questa intercapedine la cupola è tutta praticabile nei suoi vari piani (l’accesso è però riservato) e termina in alto con il faro a 55 m di altezza sul livello del portico di ingresso alla basilica inferiore.

Due porte mettono in comunicazione la basilica superiore con il sagrato pensile. Il tema svolto nei battenti bronzei delle porte dallo scultore Niel Steenberger, di Weert – Olanda, è quello della Ecclesia ex Circumcisione o Chiesa di origine ebraica (con l’Albero di Iesse, l’Annunciazione, l’Adorazione dei Pastori e la Chiamata di Pietro) e quello della Ecclesia ex Gentibus o Chiesa dei convertiti dal paganesimo (con il ciclo di Giona profeta, l’Adorazione dei Magi, la Pentecoste e la Conversione di Saulo). Nei timpani delle porte sono inserite delle ceramiche invetriate (dello scultore Angelo Biancini, Faenza – Italia) con le scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi. Un vero gioiello di arte cristiana è costituito dalla cappella-battistero creata da una coppia di sposi (Bernd Hartmann-Lintel e Irma Rochelle di Wiedenbrück – Germania) artisti del bronzo e del mosaico, con la rappresentazione del Battesimo di Gesù nel fiume Giordano, mentre lo Spirito Santo scende sul Messia sotto forma di una colomba.

Il Museo

Sotto il sagrato pensile della basilica è praticabile, su richiesta, la visita della zona archeologica. Ciò che rimane di questa parte dell’antico villaggio di Nazaret è costituito essenzialmente da un reticolo di grotte e sparsi resti murari appartenenti a diverse epoche storiche. Andando a ritroso nel tempo si comincia infatti con gli avanzi del conventino francescano del XVII secolo per risalire al palazzo dell’arcivescovo crociato di Nazaret e alle umili case private di abitazione con alcuni elementi databili a partire almeno dal IX-VIII sec. a. C. Le parti delle abitazioni scavate nella tenera roccia locale sono le meglio preservate: si riconoscono cisterne per immagazzinare l’acqua piovana, sili a più piani per la conservazione delle derrate alimentari, un pressoio per il vino, cellieri per stivare le anfore piene, stalle con mangiatoie per gli animali, un forno per la cottura del pane… L’area più a est, per la sua vicinanza con la grotta venerata, è chiamata tradizionalmente la “cucina della Vergine”.

Il Museo locale, fondato dal padre Prosper Viaud verso il 1910 accoglie oggetti rinvenuti in tombe in varie zone della città, che illustrano la storia antica di Nazaret. Gli scavi del 1955-60 hanno fornito le preziose testimonianze epigrafiche esposte nelle vetrine laterali: graffiti in greco, latino e armeno lasciati dai pellegrini nel IV-V secolo. Dal punto di vista artistico il fulcro centrale è costituito dai magnifici capitelli istoriati (XII sec.), casualmente rinvenuti in una grotta nell’area del convento francescano nel 1909.

Anche all′esterno del complesso francescano sono stati rinvenuti resti che risalgono al tempo di Gesù. Nessuno può più dire: “Nazaret non esisteva”.

Il convento francescano

L’imponente costruzione che ospita il convento dei francescani è opera di fra Johann Schoppen (1930). Ai francescani, ufficialmente presenti a Nazaret dal 1620, è affidata la cura della basilica e della parrocchia cristiana di rito latino che conta oggi circa 5000 fedeli. Alla cura pastorale sono annesse anche numerose attività sociali e caritative come ad esempio l’ospizio per gli anziani che ha sede presso la cappella di S. Maria del Tremore. La rinomata Scuola di Terra Santa (Terra Sancta College), che occupa tutta la parte settentrionale dell’edificio conventuale, ha radici nel XVII secolo, come testimoniano fonti archivistiche contemporanee: “a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret si dia l’istruzione scolastica ai ragazzi della parrocchia fino all’età di 9 anni, si passi loro una refezione a mezzogiorno, e sul far della sera si rimandino alle loro case.” Oggi la scuola è aperta a tutti indistintamente ed è in grado di accompagnare ragazzi e ragazze dall’asilo alle soglie dell’università.

La Chiesa di San Giuseppe o della Sacra Famiglia

La chiesa di S. Giuseppe, in stile romanico di imitazione, è opera di fra Wendelin Hinterkeuser (1911), ricostruita sulle fondazioni di una preesistente chiesa crociata (XII secolo) della quale si notano alcuni avanzi in facciata. Il ricordo sacro è suggerito dalla tradizione della “bottega di S. Giuseppe”, che i francescani trovarono sul posto nel XVII sec., oppure dalla notizia di una seconda chiesa nazaretana dedicata alla “nutrizione di Gesù” che si legge nel resoconto del pellegrinaggio di Arculfo (VIII sec.).

Dal Vangelo

Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”. (Vangelo secondo Matteo 2,19-23)

Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. (Vangelo secondo Luca 2,42-52)

 

Nazaret, la città vecchia

In Nazaret convivono con esemplare anche se non sempre facile tolleranza diverse fedi e gruppi religiosi: accanto alla nuova basilica dell’Annunciazione, che appartiene ai cattolici di rito latino troviamo la chiesa dell’Annunciazione dei cattolici di rito greco, proprio nel centro del paese e, poco più in su, quella di S. Antonio Abate dei cattolici maroniti. Lì accanto è anche la chiesa protestante-evangelica degli anglicani e la moschea antica soprannominata al-Abyad “la Bianca”. Presso la sorgente, in fondo alla strada principale della città, sorge la chiesa dell’Annunciazione dei Greci ortodossi, più avanti si sono stabiliti i Battisti nordamericani; in una viuzza laterale si trova invece la chiesa dell’Annunciazione dei cristiani Copti di Egitto accanto alla moschea nuova detta as-Salam “della Pace”. Il canto del muezzin e il suono delle campane si mescolano spesso o si rincorrono vicendevolmente, in particolare verso l’ora del tramonto, quando dall’alto della basilica il carillon intona la dolce melodia dell’Ave di Nazaret.

La vita del suq (mercato) è sempre molto intensa, interessando non solamente gli abitanti della città stessa ma, soprattutto in certi giorni, anche quelli dei paesi vicini, tanto arabi che ebrei. Naturalmente i turisti stranieri in cerca di souvenirs trovano tutto quanto può attirare la loro curiosità, particolarmente nelle vicinanze dei luoghi storici: libri illustrati, lavori in legno, metallo e ceramica, la maglietta di cotone con la scritta preferita e la keffìa, il tipico copricapo arabo. I negozianti, come si usa in oriente, sciorinano al sole in ordinato disordine tutta la loro svariata mercanzia, per attirare ogni genere di compratore con il miraggio di buoni acquisti a un prezzo generalmente conveniente da contrattare direttamente col venditore. L’artigianato, mestiere di san Giuseppe compreso, un tempo molto fiorente, si sta trasferendo per necessità in altre parti della città dove l’accesso dei mezzi di trasporto è più agevole, creando in questo modo nuovi poli di attrazione e centri di sviluppo economico.

La Fontana di Maria e la Chiesa di San Gabriele

Ai margini della collinetta sopra la quale si stendeva anticamente il villaggio, sul lato di nord-est, si trova ancora oggi un’abbondante sorgente che è chiamata a ragione la “sorgente di Maria” (‘ain  sitti Mariam). Si deve supporre infatti che la Vergine, come ogni altra donna di Nazaret, venisse spesso ad attingere a questa fonte l’acqua necessaria per i bisogni domestici. L’acqua scaturisce dalla roccia una trentina di metri a monte della chiesa e per mezzo di un canale sotterraneo è condotta prima all’interno della chiesa stessa e poi nella fontana monumentale lungo la strada per Tiberiade.

La chiesa attuale risale al 1750, quando i greci ortodossi ottennero un firmano del sultano turco di Costantinopoli che concedeva loro il permesso di ricostruire l’antica chiesa in rovina. Precedentemente si celebravano le sante funzioni da parte di tutte le confessioni cristiane nella galleria sotterranea che contiene lo sbocco della sorgente. Con le sue tre navate quasi completamente prive di finestre e il campaniletto quadrato sul quale è ora collocata una grande croce luminosa, rappresenta la tipica immagine delle vecchie chiese dei cristiani di rito orientale che si ritrovano in diversi villaggi della Galilea. Il pellegrino russo Daniele, nel XII secolo, ricorda l’antica chiesa come di forma rotonda: “Usciti dalla città, diretti verso oriente, incontrammo un pozzo rimarchevole e molto profondo la cui acqua è freschissima, e vi si può scendere per dei gradini. Una chiesa rotonda, sotto il titolo di S. Gabriele ricopre il pozzo”.

Nel 1767 fu collocata la preziosa iconostasi di legno intagliato e dorato, dono di un mercante greco pellegrino a Nazaret ed eseguita da Andrea di Maistu, come recita l’iscrizione in arabo e in greco. Preziose icone della scuola di Gerusalemme rappresentano il Salvatore in trono, la Vergine col Bambino, S. Giovanni Battista rivestito di ali come un angelo, S. Giorgio a cavallo e diverse altre immagini di santi tra i più venerati dai cristiani di Palestina. Recentemente tutte le pareti sono state ridecorate a pittura da due artisti rumeni, Michel e Gabriel Marosan. Le scene, tratte prevalentemente dall’Antico e dal Nuovo Testamento, mostrano una vivezza di tratto e di colore che si lega gradevolmente all’insieme della costruzione.

Il luogo conserva il ricordo apocrifo dell’Annunciazione a Maria avvenuto in un primo tempo alla fonte, secondo la tradizione orientale antica testimoniata nel Protoevangelo di Giacomo (un testo apocrifo che risale al II sec. d. C.): “[Maria] uscì con la brocca ad attingere acqua. Ed ecco ode una voce: Salve, o piena di grazia: il Signore è con te, o benedetta tra le donne!”. Il saluto angelico (Luca 1,28) si arricchisce qui dell’esclamazione entusiasta di Elisabetta (Luca 1,42) come nella preghiera tradizionale dell’Ave Maria. Recenti scavi praticati nell′area retrostante hanno chiarito la provenienza dell′acqua da una sorgente naturale attraverso una stretta galleria lunga circa trenta metri, e rilevato la presenza continua del ricordo cristiano presso la fonte con il ritrovamento di antichi mosaici.

Accoglienza dei pellegrini e servizi sociali

Nei secoli scorsi la città di Nazaret non possedeva alcuna struttura alberghiera al di fuori dei tipici khan (caravanserragli) orientali, e i pellegrini trovavano solitamente alloggio in una parte del convento francescano appositamente riservata a loro. Verso il 1830 sorse, accanto al convento, un nuovo edificio (detto perciò “Casa Nova”) sostituito nel 1897 con l’attuale. Oggi il viaggiatore può trovare confortevole alloggio in qualsiasi dei tanti alberghi di tutte le categorie tenuti dai nazaretani stessi, per i quali l’afflusso turistico è un’importante fonte di guadagno e mezzo di sussistenza.

Accanto alla Casa Nova, le Dames de Nazareth trovarono, durante la costruzione del loro convento nel 1855 resti di costruzioni bizantine e medioevali e un sepolcro giudaico scavato nella roccia con pietra girevole all’ingresso risalente al primo secolo: è uno dei migliori esempi di questo genere di sepoltura.

Le Dames de Nazareth intrattengono una scuola per ciechi e sordomuti. Numerose altre attività sociali fioriscono a Nazaret. Una scuola per disabili è stata fondata a Nazaret nel 1974 dall’Opera pia don Guanella.

I padri Salesiani, che fin dal 1896 avevano aperto un orfanotrofio in Nazaret (Opera di Gesù Adolescente), poterono insediarsi stabilmente sulla collina sovrastante la città di Nazaret nel 1902. Successivamente fu edificata la chiesa, in stile neo-gotico, dell’architetto francese Lucien Gauthier. La chiesa è dedicata a Gesù Adolescente, che in questa città crebbe “in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini” come dice il vangelo (Luca 2,52). In un primo tempo l’Opera funzionò come un internato caratterizzato prevalentemente dalla cultura francese, ma dal 1948 la scuola fu aperta a tutti e ricevette una impostazione marcatamente tecnica e professionale con attrezzatissimi laboratori di falegnameria, meccanica e, finalmente, di elettronica e informatica. Il fine, conforme alle parole di Don Bosco, è quello di educare i giovani a prendere dignitosamente il loro posto nella società e a diventare “onesti cittadini e buoni cristiani”. Figlio di Nazaret fu il venerabile Simone Sruji, coadiutore salesiano, martire di carità nella Palestina ancora tormentata dalla grande guerra (1943).

Il Patriarcato Latino ha in Nazaret il suo centro di riferimento per tutte le comunità risiedenti nello stato di Israele, e numerosi altri centri religiosi, fondati con scopi pastorali o di preghiera semplicemente contemplativa, rendono viva e vivace la vita religiosa cristiana nella città, nella quale, anche in epoca moderna sono cresciuti non pochi fiori di santità, come la piccola mistica araba, Suor Maria di Gesù Crocifisso (Mariam Baouardy), del vicino villaggio di Ibelin, fondatrice del monastero carmelitano di Betlemme e recentemente innalzata agli onori dell′altare da papa Francesco (2015), e Charles de Foucauld, iniziatore del movimento dei Piccoli Fratelli e Piccole Sorelle di Gesù nel deserto africano, alla cui canonizzazione è stata aperta ora la via. Lo spirito di Nazaret, basato sull′umiltà di una vita nascosta ma dedicata a Dio, che fu praticata per primo dal Figlio di Dio, è sempre più attuale.

*Archeologo,
Professore di Archeologia Paleocristiana dello Studium Biblicum Franciscanum,
Direttore del Museo della Flagellazione